Quanto segue necessita di una doverosa premessa: accostare il nome di un atleta, qualunque atleta, alla parola "doping" è operazione che va fatta con estrema, estrema cautela. E' di queste ore la pubblicazione di un articolo firmato da Nathaniel Vinton e pubblicato sul New York Daily News che cerca di instaurare un collegamento tra Lindsey Vonn e il famigerato dottor Bernd Pansold il cui nome è entrato in passato, a più riprese, in scandali legati al doping. Pansold era stato condannato in Germania nel 2000 per aver dopato le nuotatrici della ex DDR, era stato "chiaccherato" per la collaborazione con Hermann Maier, era stato accusato di aver "aiutato" l'ex velocista Pepi Strobl... Oggi il dott.Pansold è ancora attivo perchè gestisce uno dei laboratori dello sport della Red Bull, a Thalgau, in Austria. Red Bull è uno degli sponsor di Lindsey Vonn, che viene ospitata ogni anno nella località austriaca per sottoporsi ad esami e controlli nel "Diagnostics and Training Center". Nell'articolo si specifica a chiare lettere che nessuna prova è stata trovata e che la campionessa americana ha sempre passato ogni test antidoping...dunque? Non è un segreto che Red Bull supporti la sua testimonial in vario modo (personal trainer, motorhome per la logistica durante la CdM, etc) ed è possibile che Lindsey abbia materialmente incrociato il dott.Pansold in occasione dei suoi soggiorni a Thalgau, ma non c'è altro. Il giornalista si sofferma sul passato del dott.Pansold, di quando emerso dai vari procedimenti e processi cui è stato sottoposto, e sul fatto che quando fu condannato definitivamente dalla suprema corte tedesca e allontanato dalla nazionale austriaca fu prontamente assunto dal CEO di Red Bull Dietrich Mateschitz. Nelle ultime due settimane Lindsey ha gentilmente declinato l'invito per una intervista sull'argomento, mentre il dottor Pansold ha rilasciato qualche dichiarazione, affermando di non aver mai parlato con lei di questi argomenti, e che il doping è qualcosa di "lontanissimo dalla sua testa, qualcosa di finito, e da quando sono in Red Bull nessuno è mai venuto a chiederci aiuti per migliorare le prestazioni". Insomma tante (ovvie) parole, ma crediamo sia perfettamente naturale che Lindsey, testimonial di Red Bull, sfrutti lo speciale programma per atleti messo a punto dalla casa austriaca, e gestito da Robert Trenkwalder, e utilizzi le strutture di Red Bull. Peraltro lo stesso articolo riporta che cinque anni fa, quando l'ex signorina Kildow vinse la sua prima Coppa, molti giornali trovarono il collegamento tra Lindsey-Red Bull e Pansold. Quindi dov'è lo scoop? Ci sembra francamente una non-notizia, che però, come è ovvio che sia, ha subito suscitato interesse e commenti oltre oceano. L'unica novità è che la WADA (agenzia mondiale antidoping) ha inserito nella bozza di regole per il 2015, che verrà presentata a novembre, una norma per vietare le collaborazioni tra atleti e professionisti che siano stati accostati al doping negli ultimi 8 anni di attività. Lo abbiamo già scritto ma ci ripetiamo: da quanto Lindsey ha reso pubblica la sua relazione con Tiger Woods i media americani si sono scatenati, seguendola ovunque e mettendo la sua vita sotto una lente, come mai era avvenuto prima, quando era "semplicemente" una campionessa olimpica e la sciatrice alpina a stelle e strisce più vincente di sempre...
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1 | cubodado il 22/05/2013 10:52:43
In questa notizia non c'è nulla di nuovo tranne la relazione sentimentale di Lindsey che le ha gettato molta più attenzione addosso.
Certo non fa onore alla Red Bull dar lavoro ad un siffatto personaggio, Red Bull è lo sponsor principale non solo di Lindsey Vonn ma anche di Svindal e Ligety, per restare nello sci alpino. Un altro punto in cui sospetto lo zampino della Red Bull è la cancellazione della caffeina dall'elenco delle sostanze dopanti, prima lo era a dosi molto elevate, e alcuni studi scientifici pare abbiano dimostrato che dosi molto elevate di caffeina possano incrementare le performance sportive.
Ciro "le Scienze", giugno 2010
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Caffeina: sicuri che non sia doping?
«» Il dilemma del dopingCaffeina: sicuri che non sia doping?
Verso il doping per la resistenza fisicaQuando lo sforzo fisico è insostenibile per il cervello medicina fisiologia dipendenze Un gruppo di ricerca della Coventry University ha dimostrato per la prima volta come alte dosi di caffeina incrementino direttamente la potenza e la resistenza muscolare durante le attività a intensità relativamente bassa.
La ricerca - presentata all’annuale convegno Society for Experimental Biology dal ricercatore Rob James - mostra un incremento della prestazione muscolare nelle attività sub-massimali, che nel caso degli esseri umani possono andare dalle attività fisiche quotidiane al correre una maratona.
Questi risultati potrebbero avere importanti implicazioni per l’uso della sostanza a scopo di doping.
“Un dosaggio molto alto di caffeina, somministrabile per lo più con tavolette o liquidi concentrati, rappresenta un metodo semplice e a basso costo per gli atleti che vogliano incrementare le loro prestazioni”, ha commentato James. "Un lieve incremento nelle prestazioni ottenute con la caffeina potrebbe fare la differenza tra una medaglia d’oro alle Olimpiadi e un risultato inferiore”.
Attualmente infatti la caffeina non è contemplata nella lista delle sostanze proibite dalla World Anti-Doping Agency (WADA) per nessuna concentrazione nel sangue e nelle urine. Prima del 2004, la stessa WADA aveva stabilito uno specifico livello di soglia per considerare doping la sua assunzione, ma questa restrizione fu in seguito eliminata.
L’attività muscolare si divide in massimale, in cui i muscoli sono spinti fino alla massima capacità di lavoro, come nel caso dello sprint o del sollevamento pesi, o sub-massimale, che copre tutte le altre attività.
Secondo i risultati resi noti al convegno da Jason Tallis, i test sono stati effettuati sulla potenza e sulla resistenza dei muscoli lunghi delle zampe posteriori di topo, nelle attività sub-massimali. Si è così trovato che al dosaggio
di 70 micromoli per litro la caffeina è in grado di aumentare le prestazioni in media del 6 per cento.
“70 micromoli per litro di caffeina è la massima concentrazione raggiungibile normalmente nel plasma umano, tuttavia concentrazioni di 20-50 micromoli per litro non sono inusuali nelle persone che bevono elevate quantità di caffè”, ha concluso James. (fc)
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2 | cancliatomic il 24/05/2013 11:10:09
Svindal si, ma Ligety non mi pare. C'è anche Guay come atleta Red Bull.
Quello che effettivamente fa specie che gente in passato legata al doping sia collaboratore della più grande azienda di energy drink. D'accordo con la Wada, ma però io vieterei per sempre (non solo negli ultimi otto anni) che un "medico" legato al doping collabori o abbia ancora in qualche modo a che fare con lo sport
3 | franz62 il 24/05/2013 13:58:35
ci mancherebbe che rompano i coioni per il caffè, già è vietata una cannetta per il recupero.
vero che alcuni fessi eran capaci di bersi dieci caffè prima di una discesa
4 | brunodalla il 24/05/2013 14:53:28
no franz, adesso anche la canetta non è più vietata....
5 | franz62 il 24/05/2013 15:45:20
davvero? f**ata...era ora...almeno nelle FIS giovani non si vedranno più pirla saltare nella seconda[:D]
6 | cubodado il 25/05/2013 20:57:22
Le dosi dopanti di caffeina non si raggiungono bevendo caffé (l'articolo parlava di 12 tazzine) e neanche con un energy drink, ma se fosse proibita gli energy drink sarebbero costretti a mettere un avviso. Capitolo Svindal: fisicamente è un armadio, ma è anche uno che in passato ha protestato per essere troppo poco controllato.
7 | magimail il 28/05/2013 21:35:37
Di matematica ho solo qualche nozione che mi serve tuttora : tra queste, le proporzioni. E me ne viene fuori una, fissa e certa, per me: Pansold sta a Herminator come qualche Coppa del Mondo sta all' Austria....
Ovvio che in casa sia ancora considerato, ci mancherebbe. Di noi italiani si parla sempre male, ma mica abbiamo messo in FuturFisi Conconi, noi!
Ugh, ho detto!